giovedì 27 gennaio 2011

Giornata della memoria



Anche quest'anno le classi 5° della nostra scuola hanno avuto l'occasione di documentarsi, confrontarsi e approfondire le vicende storiche che hanno portato al dramma della Shoah, generato dal "germe distruttuvo dell'intolleranza, della demonizzazione e dell'odio verso il diverso e lo straniero", come anche il Presidente Napolitano ha voluto ricordare in questa giornata....
Sentendo necessario rimanere attivi, agire, perchè non sia solo una commemorazione, le nostre porte si sono aperte alla testimonianza di chi, ancora una volta, tiene vivo il ricordo dell'esperienza vissuta in prima persona o attraverso la memoria familiare.

Così oggi, in aula magna si è rinnovata la collaborazione con quelle associazioni che, con impegno e costanza, cercano di offrire soprattutto alle nuove generazioni occasioni di riflessione.



Alcuni di questi bambini, a chiusura del percorso, hanno guardato il film "Il bambino dal pigiama a righe", regalandoci, insieme alla sintesi della trama, riflessioni di una profondità meravigliosa...ne inseriamo due soltanto, anche se molte avrebbero avuto egual merito di essere pubblicate.

Buona lettura!


"Venerdì 14 gennaio noi alunni della 5^A insieme alla 5^B e le nostre insegnanti siamo andati in aula magna per vedere il film “ Il bambino con il pigiama a righe” di Mark Herman. Tratto da un romanzo di uno scrittore irlandese, il film tenta di raccontare l’orrore dei campi di sterminio attraverso gli occhi di due bambini: Bruno e Shmuel. Il primo è un bambino tedesco di 8 anni, figlio di un ufficiale nazista, comandante di un campo di concentramento; il secondo è un bambino ebreo di 8 anni rinchiuso proprio in quel campo insieme a suo padre.


La vicenda inizia a Berlino dove Bruno vive tranquillamente con la sua famiglia e i suoi amici. Un giorno, però, tornando da scuola riceve la notizia che suo padre ha avuto una promozione di grado e quindi si dovranno trasferire in campagna. Bruno non vorrebbe partire perche dovrà lasciare i suoi compagni e ha paura di ritrovarsi solo. Infatti appena arriva nella nuova casa, vede che è isolata e in aperta campagna. Bruno è triste e annoiato nella nuova casa e vorrebbe fare amicizia con qualche bambino che si trova all’interno di quella che lui ritiene essere una fattoria, ma che in realtà è il campo di concentramento che suo padre comanda. Il bambino comincia a fare domande sugli strani contadini vestiti con il “pigiama a righe” e sul continuo e cattivo odore che si sente nell’aria,ma le sue domande non hanno risposta, anzi ha il divieto di andare nel giardino sul retro. Bruno non sa cosa accade realmente nel campo lì vicino, decide allora di andare ad esplorare. Non appena riesce a non farsi vedere, arriva al capanno degli attrezzi, dove attraverso una finestra si trova in un boschetto. Qui comincia a correre spensierato finchè raggiunge il ricinto di filo spinato di quella che lui crede essere una fattoria di contadini in pigiama.


Da qui ha inizio l’ incontro di Bruno con Shmuel: incontro che determinerà la nascita di una profonda amicizia che legherà la vita dei due bambini. Quando Bruno vede per la prima volta Shmuel, è incuriosito da questo bambino che è apparentemente diverso da lui. Infatti Shmuel è molto magro, con i denti rotti, la testa rasata a zero e molto triste, ma in realtà ha 8 anni come Bruno e anche a lui piace giocare. Giorno dopo giorno Bruno cerca di incontrare Shmuel anche se è “ebreo” e quindi un essere cattivo come ha detto il suo maestro. Egli è felice di avere un nuovo amico e anche se sono divisi da un recinto riescono anche a giocare a dama. Parlando con Shmuel, Bruno capisce che la realtà è ben diversa da quella che gli fa credere suo padre, di cui è molto orgoglioso. Infatti per esempio, assiste al pestaggio di Pavel, un addetto alla cucina, ma in realtà un ex dottore ebreo detenuto del campo di concentramento, che ha commesso l’ errore di rovesciare il vino sulla tovaglia solo perche gli tremavano le mani dalla paura. Bruno sa che Pavel non è cattivo, perché un giorno l’ha medicato quando è caduto dall’altalena e lo sa anche la madre di Bruno. Anche lei comincia a capire quello che sta succedendo in quel campo, da una frase detta da un collaboratore di suo marito, a proposito del fumo che si vede uscire da una ciminiera. A questo proposito cominciano le liti tra i genitori di Bruno, che comincia a non fidarsi più di suo padre. Da queste situazioni e dai racconti di Shmuel, Bruno capisce che succede qualcosa di terribile ed ha paura. Infatti è per paura che Bruno tradisce Shmuel quando lo incontra in casa sua intento a pulire dei bicchieri perchè “servono mani piccole ” e nega di conoscerlo davanti ad un collaboratore di suo padre che accusa Shmuel di aver rubato una fetta di torta quando invece gli era stata offerta proprio da Bruno. Egli ha sensi di colpa per aver tradito l’amico e quindi va a trovarlo. Dopo diverse volte andate a vuoto, ritrova Shmuel con un occhio pesto, ma pronto a perdonarlo e gli rivela che non trova più suo papà da tre giorni. Bruno si offre di aiutarlo prima di andare via, perché suo padre ha deciso di trasferire lui, la sorella e la moglie da una zia. Per rimediare al torto fatto a Shmuel, vuole aiutare l’amico a tutti i costi. Cosi, il giorno della partenza, Bruno si reca dal recinto con una pala. Qui si spoglia, si mette un pigiama a righe dato da Shmuel e scava una buca per oltrepassare il recinto. Entrato dentro, i due bambini si mettono alla ricerca del papà di Shmuel. Una volta dentro, Bruno ha lo stesso destino di Shmuel e di molti altri prigionieri dei campi di concentramento: vengono portati in una camera dove viene ordinato loro di spogliarsi, perché dovranno fare “la doccia”. In realtà vengono uccisi dal gas che entra da una botola che si trova sul tetto.


Una volta visto il film, è molto duro digerire il finale perché anche io mi sarei comportata come Bruno. Che differenza c’è tra Shmuel, Bruno, me o qualsiasi altro bambino? Sì, Shmuel era ebreo, ma questo non significa che fosse cattivo e pericoloso come volevano far credere i tedeschi. Anche Shmuel amava giocare, avere amici come lo desiderava Bruno e come lo desidero io oggi. Possono passare gli anni, avere la pelle di colore diverso, essere anche di religione diversa, ma i desideri dei bambini, secondo me, sono uguali per tutti, specialmente il desiderio di avere un vero amico con cui condividere allegria, tristezza, felicità, paura, praticamente quello che viviamo. Nel film è bellissima la scena in cui Bruno e Shmuel giocano a dama e si divertono, e quella in cui si prendono per mano e le stringono forti, mentre sono nella camera a gas. Non sanno cosa sta per succedere, hanno paura, ma sono insieme e forti della loro amicizia che neppure la morte può dividere.

Il mio giudizio sul film è molto positivo, perché ha voluto rispecchiare quello che è realmente successo nella storia e nello stesso tempo ha sottolineato il valore dell’amicizia che, a mio parere è un valore senza tempo, che nessuna malvagità dell’uomo può distruggere."

Il giorno venerdì 14 gennaio 2011, noi alunni della 4° A, insieme alla 4° B, siamo andati nell’aula Magna a vedere il film intitolato “Il bambino con il pigiama a righe”.

Questo film parla di un bambino di otto anni di nome Bruno, figlio di un ufficiale nazista al quale viene data una promozione di lavoro che porta Bruno e la sua famiglia a trasferirsi a Berlino, in una villa situata a poca distanza da un campo di concentramento dove si pratica l’eliminazione degli ebrei attraverso la camera a gas.

Bruno, costretto ad una noiosa e solitaria vita, stufo di passare i pomeriggi a guardare l’orizzonte, disubbidisce alla mamma, che gli aveva proibito di esplorare il giardino posteriore della villa e trova una via di fuga per potersi dirigere verso la “fattoria” che aveva visto nelle vicinanze.

Lì incontra Shmuel, un bambino della sua età che vive all’interno della “ fattoria” tutta circondata da filo spinato.

In realtà quel luogo non era il posto che il bambino credeva, ma l’ultima casa di tanti ebrei destinati a morire.

Attraverso il filo spinato i due bambini fanno amicizia di nascosto e quel luogo diventa il loro ritrovo.

Shmuel ha molta fame e Bruno ha bisogno di comunicare con qualcuno; così Bruno porta a Shmuel del cibo ed insieme, i due, passano del tempo stando attenti a non farsi scoprire.

Ogni volta un campanellino richiama Shmuel ai suoi doveri di prigioniero e così Bruno lo deve abbandonare.

Quel segnale ogni giorno interrompe l’amicizia sincera e ingenua dei due bambini che rappresentano due mondi estremamente diversi e che si sono uniti per pochi minuti .

Un giorno Bruno vede di nascosto un filmato preparato dal padre insieme ad altri nazisti, nel quale si faceva credere che gli ebrei oltre a lavorare, potessero anche divertirsi e giocare all’interno della “fattoria”. Così decide di entrare anche lui nel campo con l’aiuto di Shmuel il quale gli porta dei vestiti da prigioniero, “il pigiama a righe”, per potersi confondere con gli altri .

La storia si conclude in un crescendo di emozioni perché Bruno, entrato nel campo scavando una buca sotto la rete spinata, poco a poco si dirige insieme a Shmuel e a molti altri prigionieri dentro un grande capannone dove li fanno spogliare tutti.

Le immagini finali del film vanno ai tanti pigiami a righe che sono stati tolti dai prigionieri uccisi dal gas e poi inceneriti.

In quei momenti il padre di Bruno non trova più il figlio e ben presto si accorge che era entrato nel campo e aveva seguito la sorte di tutti gli altri, vittime della sua stessa follia di nazista.

Il film tratta una tema tragico che rappresenta un periodo della storia recente che si è purtroppo realizzato: la Shoah, un inferno voluto dall’uomo contro altri uomini.

Gli adulti vedono differenze razziali che i bambini non vedono; così in una storia drammatica e inaccettabile, due bambini fanno nascere un’amicizia che va contro ogni discriminazione.

La scena che mi ha colpito di più è quella in cui i due bimbi giocano con la palla lanciandola da una parte all’altra del filo spinato che per qualche istante diventa una rete da pallavolo.

Essa rappresenta l’incontro di due mondi contrari che presto verranno uniti da un unico e tragico destino.

La palla volteggiando passa dal mondo della libertà e del potere a quello della povertà e della prigionia ma, nelle mani dei due bambini, è soltanto un mezzo per giocare.

I due sono uguali nel gioco, ma l’arrivo del campanello li riporta ad una realtà più dura dove tornano a valere le regole degli adulti e dove l’innocenza dei bambini viene cancellata da un semplice suono.

E’ stato molto utile per me vedere questo film perché mi ha fatto capire come sono fortunata a vivere in un momento storico diverso da quello rappresentato dai protagonisti.

Spero che non si ripeta mai più una storia simile che noi bambini abbiamo comunque il dovere di conoscere, sia con lo studio del passato che con i documenti chiari e drammatici come questo.

Infatti i giovani di oggi saranno gli adulti di domani e dovranno realizzare la loro storia .

Io spero che la nostra storia sia priva di discriminazione e piena di libertà per tutti i popoli .

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